Come noto, il Decreto legislativo 231/2001 ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime di responsabilità amministrativa a carico degli Enti derivante dalla commissione di determinati reati (tassativamente individuati all’interno dello stesso Decreto), nel loro interesse o vantaggio, da persone fisiche che rivestano funzioni apicali (rappresentanza, amministrazione, direzione ecc.) o da persone soggette alla loro direzione e vigilanza. Specularmente, la stessa disciplina, ha previsto la possibilità per l’Ente di andare esente da tale responsabilità e, quindi, di non incorrere nelle connesse sanzioni, nella sola ipotesi in cui si sia dotato di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo alla prevenzione dei fatti di reato rilevanti e puntualmente controllato da un Organismo di Vigilanza all’uopo nominato.

Il legislatore ha, quindi, introdotto l’adozione del suddetto Modello 231 in termini di mera facoltà per le Imprese che volessero dotarsi di tale strumento a fini preventivi.

Nel corso degli anni, tuttavia, abbiamo assistito all’introduzione di svariate disposizioni normative che darebbero, invece, l’impressione, che si voglia percorrere un cammino finalizzato all’introduzione di tale strumento di prevenzione come obbligo per le aziende e non più, invece, come una mera facoltà.

A mero titolo esemplificativo e senza pretesa di esaustività si pensi a quante legislazioni regionali hanno, negli anni, introdotto l’adozione del Modello 231 come uno tra i requisiti per ottenere o mantenere l’accreditamento in specifici settori come la formazione o la sanità. Possiamo citare, inoltre, l’art. 80 del Codice degli appalti e delle concessioni che disciplina espressamente l’incidenza dei precedenti penali riportati dall’operatore economico che partecipa alle pubbliche gare indicando un’elencazione dei reati che valgono quali motivi di esclusione dalla gara, che risulta perfettamente coincidente con l’elenco dei cosiddetti reati presupposto richiamati dal D.Lgs. 231/2001. Ancora, si pensi alla riforma del Terzo settore, laddove, all’art. 4, comma 1, lett. g) della legge n. 106 del 2016, nel disciplinare gli obblighi di controllo interno e di accountability nei confronti dei diversi stakeholders della compagine organizzativa ha previsto, tra gli altri, anche l’adozione del Modello 231. Addirittura la stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha espressamente introdotto, quale elemento di valutazione delle Imprese, l’adozione del Modello di Organizzazione 231 ai fini del punteggio per l’attribuzione del Rating di legalità.

Ebbene, risulta di tutta evidenza che ci troviamo di fronte alla previsione di uno strumento in termini facoltativi solo da un punto di vista meramente formale in quanto, alla luce del quadro normativo e regolamentare costantemente incrementato e aggiornato, il legislatore dimostra di voler trasformare, nella pratica, tale strumento come obbligatorio per le Imprese italiane o che, comunque, agiscano a vario titolo all’interno del territorio dello Stato.

Da ultimo, nelle more della giacenza in Senato della proposta di riforma che espliciterebbe, finalmente, a chiare lettere l’obbligatorietà dell’adozione del Modello 231, il legislatore ha inteso spingere le aziende alla sua adozione anche con la recente riforma, contenuta nell’articolo 1, commi da 185 a 197, della legge di bilancio per il 2020 (legge 160/2019). La riforma in questione ha previsto, in sostituzione dei precedenti super e iper ammortamento, che offrivano quale incentivo alle Imprese la deduzione di quote di ammortamento e di canoni di leasing più consistenti, un nuovo credito d’imposta cui possono accedere tutte le Imprese residenti in Italia (incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti), indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito purché (tra gli altri elementi di esclusione) non siano destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9,  comma 2, D.Lgs. 231/2001.

Il quadro normativo, in continua evoluzione, dimostra, pertanto, la chiara ed evidente intenzione del legislatore di utilizzare, fino alla formale introduzione dell’obbligatorietà di tale strumento di prevenzione, puntuali meccanismi che in situazioni di fatto, o per specifici settori, colmino l’attuale previsione del Modello 231 in termini meramente facoltativi.

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