L’intervento dell’Avv. Francesca Lai di Legal Tailoring in materia di confisca dei beni societari ex D.Lgs. 231/2001 con particolare riferimento alla commissione di reati ambientali.

L’Avv. Francesca Lai di Legal Tailoring è stata protagonista di un brillante intervento in tema di confisca dei beni societari, in occasione del Convegno annuale della Cattedra di Diritto Processuale Penale del Dipartimento di Giurisprudenza di Cagliari dal titolo Il” processo alle cose” e le “nuove impugnazioni”, un bilancio a 30 anni dal nuovo codice tenutosi nelle date 13 e 14 luglio 2018.

La riflessione proposta dal legale di Legal Tailoring ha riguardato il delicato tema della confisca dei beni societari prevista dall’art. 9 del decreto legislativo 231/2001 quale sanzione per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato e si è incentrato sulla rilevata incongruenza presente nella legislazione in materia di reati ambientali con specifico riferimento alle ipotesi dell’intervenuta messa in sicurezza e ripristino dei luoghi e, nei casi di reati contravvenzionali, all’oblazione del reato presupposto.

L’Avv. Lai ha sottolineato che, se l’art. 8 del D.Lgs. 231/2001 che prevede che la responsabilità dell´Ente sussiste anche quando il reato si estingue per una causa diversa dall´amnistia si legge in combinato disposto con l’art. 19 D.Lgs. 231/2001, che prevede che nei confronti dell´Ente sia sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, la conclusione è che la confisca nei confronti sia sempre prevista (come misura di natura sanzionatoria) nei confronti della persona giuridica, anche qualora il reato presupposto sia estinto per “altre cause” quali, ad esempio, l’intervenuta oblazione ex art. 162 bis cp.

A parere della relatrice l’incongruenza emergerebbe proprio con specifico riferimento a tutte quelle ipotesi in cui sia intervenuta la rimozione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e si sia pervenuti ad un ripristino dei luoghi costituendo, questi, condizione che il codice penale individua quale fattore determinante per la non irrogabilità della confisca nei confronti della persona fisica in ragione della mancanza dei presupposti che ne giustificherebbero la ratio o, per le contravvenzioni, dell’intervenuta oblazione.

Muovendo dalle questioni concernenti l’irrogazione della confisca con riferimento ai reati ambientali oblati, in virtù della disciplina di cui si è dato conto, l’Avv. Lai ha evidenziato che la conseguenza sarebbe che, in caso di commissione da parte di un soggetto apicale o subordinato di una società di uno dei reati ambientali racchiusi all’interno dell’art. 25 undecies del D.Lgs. 231/2001 nell’interesse o a vantaggio dell’azienda, qualora la persona fisica abbia efficacemente rimosso tutte le conseguenze dannose o pericolose e, successivamente, ottenuto oblazione del reato, il combinato disposto degli artt. 8 e 19 del d.lgs. 231/2001 comporterebbe, in ogni caso, la confisca nei confronti della società poiché l’art. 8 prevede espressamente che la responsabilità dell’ente sia ammessa anche in caso di estinzione del reato per cause diverse dall’amnistia e, quindi, anche in caso di estinzione per intervenuta oblazione.

Il dato posto all’attenzione colpisce ancor di più se si tiene in considerazione il “nuovo” art. 452 undecies cp, il quale prevede espressamente che l’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui “l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi”.
La conclusione cui è arrivata la relatrice è, pertanto, l’evidenza che al ricorrere di tali ipotesi la confisca “231” trovi applicazione nei confronti dell’Ente a prescindere dai presupposti che giustificano la sua irrogazione nel caso concreto e, quindi, contro tutti i principi finora espressi in materia.

È proprio qui che la relatrice arriva al centrale nodo della questione: il legislatore, conscio della natura afflittiva della confisca e della ratio della sua irrogabilità con riferimento ai reati ambientali, ha escluso che la sua operatività potesse trovare spazio in tutti quei casi in cui i pericoli e/o i danni conseguenti alle condotte illecite vengano efficacemente rimossi con attività qual è quella di ripristino dello stato dei luoghi. Tuttavia, il panorama legislativo rappresentato dall’Avv. Lai mostra un’evidente diversità di atteggiamento dell’istituto della confisca in materia di reati ambientali a seconda che tali reati coinvolgano anche la responsabilità di una persona giuridica ai sensi del decreto 231, oppure no.

L’intervento dell’avvocato di Legal Tailoring ha messo in luce, pertanto, una drammatica realtà: la disciplina in materia di confisca conseguente alla commissione di un reato ambientale determina una evidente violazione dell’art. 3 della Costituzione (oltre che di quanto rigorosamente racchiuso nella CEDU). Infatti, la suddetta disciplina permette che ci si trovi di fronte ad una medesima ipotesi di reato dalla quale scaturisce, in un caso, l’obbligatorietà della confisca “sanzionatoria” (a prescindere, quindi, dall’eventuale eliminazione dei danni o pericoli data dal ripristino dei luoghi o da altri rimedi offerti dal legislatore) e, in un altro, la possibile irrogazione della confisca quale misura di sicurezza, la quale viene in ogni caso esclusa al ricorrere del ripristino dello stato dei luoghi per intervenuta oblazione o per via del nuovo art. 452 undecies cp.
Per concludere con le parole utilizzate dalla relatrice in occasione del Convegno “Siamo, quindi, sicuri che la confisca prevista dal D.Lgs. 231/2001 in caso di reati ambientali possa dirsi “proporzionata allo scopo perseguito” così come richiesto anche dalle più recenti pronunce della Corte Edu?”

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