Cassazione Penale n. 25979 del 4 maggio 2018 (depositata il 7 giugno 2018) – L’imprenditore che costringe i dipendenti ad accettare buste paga contenenti un importo inferiore rispetto a quanto formalmente concordato e a lavorare per un orario superiore a quanto contrattualmente previsto risponde anche del reato di auto riciclaggio oltre che di quello di estorsione.
Con la sentenza depositata il 7 giugno 2018 la Suprema Corte rinviene la configurazione del reato di auto riciclaggio (oltre che di estorsione come più volte affermato dalla precedente giurisprudenza) in quelle ipotesi in cui il datore di lavoro costringa i propri dipendenti ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi inferiori e non adeguati alle prestazioni effettuate e li induca a sottoscrivere buste paga attestanti il pagamento di somme maggiori rispetto a quelle effettivamente versate. La pronuncia dei Giudici di Piazza Cavour non si arresta qui e si spinge a prevedere che a rispondere di auto riciclaggio non sia solo l’imprenditore ma anche la società – ai sensi di quanto disposto in tema di responsabilità amministrativa da reato dal D. Lgs. 231 del 2001 – in ragione dell’impiego nell’attività imprenditoriale del denaro frutto dell’estorsione continuata, così ostacolando l’individuazione della provenienza delle somme.